Andrea Sertori è un compositore e pianista del bresciano. La sua capacità è quella di saper unire abilmente lo studio del pianoforte classico con l’elettronica dei synth e una certa attitudine ironica, con richiami a temi dell’infanzia, filastrocche musicali raccolte in un primo EP dal titolo “Mosaic Room” a cui si aggiunge il nuovo singolo Puddle Ring. Abbiamo scambiato con lui quattro chiacchiere sulla scena musicale contemporanea, colonne sonore e curriculum.
- Come ti sei trovato a far un genere completamente fuori da ogni scena contemporanea?
Sentivo l’esigenza di fare qualcosa senza stare troppo a guardare il genere, il possibile pubblico e i tempi per preparare i pezzi. E’ stata proprio un’esigenza interiore.
- Quali sono le influenze musicali? E quale la tua formazione?
Io ho imparato a suonare studiando i pianisti classici ed ascoltando soprattutto musica rock. Dal progressive anni 70, all’hard rock o al metal, ma anche la musica pop e l’elettronica pura.
- Come componi? Ci descrivi la tua “cameretta”?
Le mie composizioni nascono in due modi. A volte da una composizione spontanea ed improvvisata al pianoforte su cui poi costruisco il pezzo, oppure da un’idea che nasce così, in auto, in palestra, ovunque. Mi segno la melodia e a casa la riproduco.
Il luogo dove lavoro è una piccola stanza, un vero nido, pieno di tante tastiere e sintetizzatori a cui voglio tanto bene.
- Ci spieghi il significato del tuo ultimo singolo “Puddle Ring“? Che attinenza ha con il video?
Puddle Ring ha sonorità pop un po’ anni 80, il brano si basa su una linea melodica di piano, su una solida struttura ritmica lineare e alla fine si apre in un gioco di synth che si richiamano. E’ un pezzo allegro ma anche malinconico. La voce di bambini danno un senso di ricordo del passato. Complessivamente, una volta completato, mi ha ricordato il senso dello scorrere del tempo, della trasformazione, anche attraverso il passaggio delle stagioni. Del passato che non ritorna ma con uno sguardo positivo verso il futuro. Il video, realizzato con l’ausilio del bravo Daniele Russo, ha voluto spiegare questo.
- Un EP e due singoli sul curriculum, cosa ti riserva questo 2019?
Il 2019 sarà un anno ricco. Tra poco (non ho deciso esattamente quando), sarà pubblicato un nuovo singolo, energico e ironico per alcuni aspetti. E’ in cantiere un EP, i brani ci sono ma li devo far quadrare.
- Cos’altro comprende il tuo curriculum?
Ho fatto un po’ di cose e tante esperienza, anche con i live, dei bei live. Il momento più importante è stata la pubblicazione di un disco con gli Avanguardia nel 2003, quando fare i dischi era molto più complicato, soprattutto tecnicamente. Ho suonato in diverse situazioni ed in diverse band, rock, ma anche elettro-pop.
- “Mosaic Room” è il titolo del tuo primo EP, ce lo spieghi? Cosa volevi comunicare?
Mosaic Room è nato mentre stavo registrando dei pensieri estemporanei al pianoforte, che non pensavo nemmeno di pubblicare fino a quando, unendo questi stralci, ho capito che poteva nascere qualcosa di indefinibile ma ricco di significati. L’EP ascoltato nell’ordine delle sue tracce ricorda una serie di emozioni e sentimenti in sequenza, fino arrivare all’esplosione synth positiva di Claw Machine. Ognuno comunque può trovarci qualsiasi cosa.
- Come definiresti la tua musica, se dovessi darle un genere?
Difficilissimo definirla in un genere. Sono brani strumentali estemporanei, diretti. Possono essere collocati sia nella musica pop sia in quella elettronica, sicuramente sotto qualche sub-genere che non riesco ad identificare… Dicono che potrebbe accompagnare un videogame.. Adesso la penso un po’ cosi anche io.