Tu che fai a pasquetta? E’ stata una delle domande trend della scorsa settimana. In redazione nessuno voleva trascorrere la solita giornata in campagna a consumare chili di carne alla brace e uscirne con l’aspetto dello spazzacamino in Mary Poppins. Una pasquetta mainstream non andava a nessuno; quindi quale pretesto migliore per andare al concerto di Calcutta? Qui il live report a cura di William Voi.
Atmosfera bucolica ai Mercati Generali, perfetto preludio per il pomeriggio che ci aspetterà.
Tanta bella gente, non solo giovanissimi, ma anche famiglie con pargoletti al seguito e tanti cani, come da copione.
Insomma, un bel quadretto primaverile, circondati dal verde e protetti dal Vulcano.
I Bidiel hanno l’onore e l’onere di aprire la giornata e scaldare il pubblico ancora in fase digestiva. Il compito non sarà semplice, sia per l’orario e sia perché aprire il concerto dell’artista del momento, a volte, può essere un’arma a doppio taglio. Ammetto di non conoscere la band in questione, anche se il nome non mi è nuovo, però mi sono documentato e i 3 giovani musicisti siculi hanno da poco pubblicato il loro nuovo lavoro, “Senza Dire Una Parola”, tramite ViceVersa Records, storica etichetta catanese. Il loro set scorre via senza grossi sussulti, a parte il singolo Colla che i più canticchiano sotto il palco. Ho avuto l’impressione che fossero un tantino fuori posto in quella situazione anche se, a loro parziale discolpa, c’è da dire che durante i primi 2/3 brani la resa sonora non era delle migliori. Ma è risaputo che, soprattutto in contesti del genere, ci vuole un po’ prima di carburare anche per i fonici, non solo per i musicisti. Così, innanzitutto, si fa fatica ad ascoltare bene la voce di Brando, mentre il basso sembra un po’ troppo presente. Singolare la scelta del batterista di non utilizzare piatti. Discutibile, ma singolare e originale, sicuramente. Detto questo, nonostante non abbiano lasciato il segno, almeno per quanto mi riguarda, parte del pubblico ha apprezzato la proposta del trio.
Ma, chiaro come il sole a mezzogiorno, il piatto forte della giornata è assolutamente Calcutta, ovvero il fenomeno del momento. Edoardo si presenta visibilmente pallido ed evidentemente influenzato, cosa che, a suo dire, potrebbe inficiare la sua prova vocale. In realtà, ad onor del vero, non ho notato problemi in tal senso, anzi, il fenomeno del momento ha tenuto il palco in maniera impeccabile, denotando una certa padronanza delle sue corde vocali. Manco a dirlo, le prime file cantavano a squarciagola ogni singola parola di ogni singola canzone, il che è tutto dire. Il ragazzo venuto da Latina si dimostra assolutamente all’altezza della situazione, anche oltre le (mie) più rosee aspettative, canta per 90 minuti senza fermarsi quasi mai, scherza col pubblico, accenna ad una presunta fellatio da parte di Mogol nei suoi confronti (critica velata o semplice boutade?) e, diciamola tutta, ci fa divertire ed emozionare, tanto. Brani come Gaetano o Frosinone riscuotono la massima approvazione da parte del pubblico, letteralmente in delirio e riscaldati dal sacro fuoco dell’arte. Sì, perché, nonostante i detrattori, Calcutta è un vero artista, un piccolo Antonello Venditti dei giorni nostri, i suoi testi sono semplici, diretti ma mai banali, le sue melodie catturano l’ascoltatore e non lo lasciano andar via facilmente.
Potrebbe soltanto cantare e andrebbe bene comunque, i fans apprezzerebbero le sue canzoni ugualmente, anche perché, diciamola tutta, la chitarra era ad un volume talmente basso ed aveva un suono talmente brutto, che poteva farne anche a meno. Trascurabili i vecchi brani della sua breve discografia e discutibile la scelta di ripetere canzoni già suonate precedentemente. Sì, perché, è preferibile uno show di 40/50 minuti durante il quale si tira fuori tutto ciò che si ha piuttosto che stiracchiare stancamente il concerto raschiando il fondo del barile. In effetti, i primi 30/40 minuti scivolano via come se niente fosse e il Nostro raggiunge l’apice dell’intero show con il singolone Cosa Mi Manchi A Fare , brano allo stesso tempo ironico, malinconico e intenso, che non lascia di certo indifferenti. Notevole anche la versione chitarra e voce, forse l’unico encore degno di nota, a parte l’orribile suono di chitarra. In fin dei conti, il presunto fenomeno è in realtà un vero fenomeno, al netto di ciò che c’è in giro in questo periodo. Quindi possiamo ritenerci soddisfatti o forse, chissà, semplicemente accontentarci di ciò che passa il convento, ovvero Calcutta. Ma sicuramente meglio lui che Lorenzo Fragola, il quale sembra aver apprezzato lo show del collega, tanto da saltare sul palco a fine concerto con annessa sciarpa e coro da stadio. Per quanto mi riguarda, sono tornato a casa con una pesante tristezza addosso, una forte malinconia mista a sollievo, non so perché. L’arte in generale e la musica in questo caso, ha un compito specifico: emozionare. E se parliamo di emozioni … bè, Edoardo ne ha provocate davvero tante e in tante direzioni diverse. Quindi, che dire di più ? Calcutta è riuscito nel suo intento, che poi è quello di ogni artista, ovvero arrivare al cuore della gente, essere mainstream.
Chiudo parafrasando una sua recente intervista: “perché una cosa divertente non può farti piangere?”
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