Abbiamo intervistato Flavio Ciotola, cantautore Napoletano trapiantato a Roma da qualche tempo, la sua musica d’impatto non rientra in un preciso genere o scuola cantautorale ma bensì in un cantautorato alternativo! Buona lettura.
Partiamo subito… Come mai “L’IO”?
Il nome del progetto è stata una delle ultime cose a cui ho pensato. Quando ho cominciato a lavorare sui pezzi ero completamente solo, e fu proprio grazie a questa situazione che decisi di nominare l’intero lavoro “L’IO”. Il nome, inoltre, potrebbe contenere una sorta di allegoria, un “IO” condiviso da molte persone nella quale si rispecchiano i propri sentimenti, le proprie emozioni…
Ti ho conosciuto tramite social network. Secondo te che ruolo hanno avuto questi mezzi nella musica oggi?
Io sono della vecchia scuola, e mi sto adattando a queste nuove forme di comunicazione che oggi come oggi funzionano. Ho avuto un bel po’ di visualizzazioni e di notorietà grazie a sponsorizzazioni ed altro, però sono un nostalgico… Sarebbe bello tornare a pensare alla “musica” e non al numero di “mi piace” nella pagina.
Si, è un momento un po’ particolare per la musica oggi. Qual è la tua situazione discografica?
Ho registrato con la Seahorse Recording che mi ha trattato davvero bene e mi ha fatto capire quanto fosse importante per loro il mio progetto (e che ringrazio per il lavoro svolto con cura e professionalità).
Quali influenze ci sono all’interno del tuo lavoro?
Attualmente seguo Calcutta, anche se ascolto molta musica italiana senza fossilizzarmi sulla vecchia scuola o la nuova scuola. Ad esempio Colapesce non riesco a sentirlo per intero, però live mi piace un sacco. Non mi sento cantautore come loro, leggermente più alternativo… Probabilmente mi sento un po’ più come Bugo.
Vivi a Roma ma sei di Napoli. Che differenze hai trovato, a livello artistico, tra le due città?
Ogni città ha una storia a sé. Roma è molto grande e c’è molto più movimento, ma alla fine ha anche i suoi lati negativi. Fondamentalmente però suonare è diventato sempre più difficile sia qui che giù, ed è sempre più legato ad un fattore “amicizie” che ad un fattore meritocratico.
Probabilmente bisogna espatriare per trovare un po’ di meritocrazia musicale…
Non esistono più i talent scout che investono su di te. Io sono cresciuto nel quartiere di Bennato, (che tra l’altro ho avuto la fortuna di conoscere). Non è un caso che quando uscì per la prima volta “Viva la mamma”, lui firmò un contratto da un miliardo di lire! Non era nessuno, ma raggiunse in brevissimo tempo moltissima notorietà. Certe cose ormai non si vedono più, si punta al minimo per avere l’investimento. Il mercato della musica sembra morto, le major stanno col fiato al collo sui talent e spremono artisti fino a quando gli conviene.
C’è stato un crollo culturale, di valori, oltre alla crisi economica..
E’ un fatto d’educazione, manca la cultura musicale ma soprattutto la cultura in generale. Non siamo stati più abituati a certe cose, e oggi si presta più attenzione ai talent, che stanno sempre più lasciando terra bruciata intorno, che ad altro. Fare Xfactor è la contro musica, preferisco fare l’eterno emergente.
Siamo i partigiani della musica! Io mi sono prefissato di andare ad un concerto ogni settimana, comprare cd, e spendere un tot per la musica emergente… Una cosa che mi sento di fare!
Siamo gocce in un mare sconfinato. Oggi pochi la pensano così, e purtroppo non c’è molto da dire o da fare. Di dischi venduti per esempio non ci vive più nessuno.
Torniamo un attimo su di te. Cosa pensi che ti abbia dato Napoli?
… Mi ha dato tanto! Avverti la musica ovunque: gli odori, il calore… A trent’anni ho maturato l’idea che vivere a Napoli è la cosa più bella che ci sia. Non sai quanto sia orgoglioso vedere tutte quelle persone che dal Nord Italia vengono qui in vacanza, e improvvisamente decidono di restare qui e di non tornare più al loro paese d’origine. Ovviamente Napoli (ma come tutte le altre città del mondo) ha anche i suoi aspetti negativi, ma artisticamente è stata una musa ispiratrice, ripeto. Non critico musicisti, persone, o gruppi. Bisogna fare del bene, e tutto ciò che di buono fai, prima o poi ti torna indietro… Sono convinto che un giorno avremo un bel riscatto sociale. Le cose cambieranno per tutti, ci sarà più civiltà e le persone imperareanno a distinguere le cose brutte da quelle buone.
E’ proprio vero! Auguriamoci che le cose miglioreranno lavorando sodo e impegnandoci per un futuro migliore, sia musicalmente che non. Detto questo ti invito a venire il più presto possibile qui in Sicilia (magari per qualche data). Tutto lo staff di Aretusea non vede l’ora di conoscerti di presenza!
Con piacere! Fammi un fischio se ti trovi invece dalle mie parti, e grazie mille per l’intervista atipica!
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