C’è qualcuno che unisce direttamente il cuore pulsante dell’Africa a Siracusa, uno di questi personaggi è Graziano Latina, cultore della musica etnica Africana e musicista umile come pochi. Buona lettura!
Ciao a tutti followers di Aretusea Magazine, Graziano Latina mi ha detto di cominciare ufficialmente quindi cominciamo.
G. “Ma che bella voce!”
Ma non sarà mai come quella di Giovanni Timpanaro che salutiamo!
G. “Chi? Ah comunque auguri per la tua laurea!”
Grazie, cominciamo con i complimenti per la mia laurea. La prima domanda è molto difficile, ti paghiamo per rispondere a domande difficili. Non facciamo presentazioni, ma volevo chiederti, come hai cominciato a suonare? Io ad esempio ho cominciato a scuola media col flauto.
G. “Il mio approccio con la musica è una cosa un po’ strana nel senso che ad un certo punto sono spuntate queste percussioni a Siracusa quindi Jambey soprattutto, Africa… Ed è stato un’attrazione quasi naturale, il primo tamburo, un piccolo Djembe in legno nelle bancarella e da lì è partito tutto. Dal classico falò in spiaggia, poi la cosa mi è piaciuta particolarmente ed ho cominciato a studiare e con le difficoltà del caso ho intrapreso questa strada”.
Hai cominciato adolescente?
G. “Quindici, sedici anni, non piccolo. L’età in cui hai un po’ la consapevolezza di ciò che vuoi fare. L’aspetto della musica è una cosa molto caratteriale nel senso che ci sono dei talenti che purtroppo spesso si fermano, hanno una propensione naturale all’arte che però non coltivano, e sono pochi i talenti che invece prendono quella direzione dello studio”.
Hai finito il periodo scolastico ed hai deciso di mettere la musica in primo piano.
G. “Ho fatto follie per la musica, ho fatto la scuola fino ad un certo punto poi sono partito a Milano lasciando la scuola al quarto anno. Ci ho pensato e ripensato a iscrivermi di nuovo ma è stata una direzione unica. Dedicato quasi al 100 % alla musica. Non facendo un percorso accademico ma corsi privati a pagamento non è stato facile”.
Chi si approccia alla musica leggera comincia con la chitarra, per motivi frivoli diciamo, chi si approccia alla musica tramite le percussioni ha secondo me un modo di sentire la musica diverso, concordi? Culture diverse di provenienza anche.
G. “Essendo europei la musica pop è quella più vicina a noi. L’approccio che ha qualsiasi ragazzino allo strumento è o la chitarra o la batteria.. In realtà la nostra tradizione però è la musica popolare siciliana che avevamo un po’ perso. Quindi sarebbe quello l’aspetto nostro del percussionista, già presente nella nostra storia. Poi nella musica moderna già il chitarrista in primo piano ed il batterista, sono i due strumenti che vanno più di tutti. Il bambino guarda il batterista come il casinista ed il chitarrista perchè fa parlare la chitarra con i soli”.
Bassisti e percussionisti sono gli sfigati, abbiamo capito.
G. “E’ un dato di fatto se ci pensi.. Ci sono diecimila studenti di chitarra e batteria”.
Siccome facciamo sempre domande difficili e non tipo che hai fatto nella tua vita… Ti volevo chiedere, tu ti saresti immaginato mai di fare qualcos’altro? Ti vedi come artista o vedi la musica come un semplice hobby?
G. “Io mi spavento pure a dirlo che ci lavoro.. Bisogna crederci e con molta umiltà portare avanti la cosa. La vedo sempre in bilico. La musica essendo una cosa enorme che non possiamo immaginare, ti devi fermare per pensarci un attimo. E’ immensa”.
Tu ti vedi come musicista e basta.
G. “Io mi vedo come Graziano Latina, una persona che fa sacrifici e cerca di andare avanti cercandola di fare sempre meglio”.
E’ la scelta più difficile.
G. “Anche fare altro è difficile. Le cose vanno fatte con amore e devi prenderle bene, anche fare il muratore. Anche quello ha una sua filosofia. La musica è una cosa troppo gigante.”
Com’è stata la tua esperienza in Sud America?
G. “I viaggi sono esperienze culturali. La maggior parte dei viaggi che ho fatto e che faccio, li ho fatti in proiezione musicale. Sono stato in Spagna, in Marocco ed ho cercato sempre di vedere e di conoscere i vari strumenti. Il Marocco ha strumenti a percussione come la Spagna ed ho sempre avuto una visione musicale del viaggio. Quello in Argentina ha avuto come scopo quello dello studio. Ho conosciuto gente, seguito dei corsi, lì il costo della vita è un terzo del nostro e mi sono potuto permettere vari corsi tre volte a settimana, lezioni, ecc..”
E’ stata un’esperienza per la crescita musicale.
G. “Sì, era in programma lo studio in quel viaggio. Julio Morale è stato il mio insegnante lì e mi ha trasmesso delle cose. Ho fatto tre mesi lì, full immersion. E’ stata una bella esperienza”.
Influenze tue musicali, cosa preferisci di più suonare?
G. “Io ho cultura di quasi tutta la musica ma non conosco un titolo. La canzone più famosa non la sento, ma non ricordo il titolo. Da piccolo ascoltavo tramite i miei musica Napoletana nel senso Mario Merola di quegli anni, crescendo frequentavo persone discotecare e quindi commerciale anni 90. Poi nella vita succedono delle cose che ti cambiano e ti fanno cambiare gusti musicali. Conoscere altre persone ed altra gente mi ha fatto arrivare alla musica reggae (tramite uno dei miei fratelli). Lì ho iniziato ad avere un approccio con la musica etnica”
Qual è lo strumento che suoni e studi?
G. “Sto facendo un percorso che si basa sugli strumenti Afrocubani ovvero: Congas, Tumbadora, Bongò. Maracas, Timbales. Ed ogni strumento ha la sua origine musicale. Tutto arriva dall’Africa”.
Esperienze musicali, Graziano Latina e gli altri.
G. “Per diversi anni ho suonato musica cantautorale con gli Zarathrusta, gruppo siracusano di amici Paolo ed Andrea Sanfilippo, facevamo pezzi inediti stile De Andrè, De Gregori e Guccini. Un gruppo Catanese con cui facevamo una sorta di post rock, chill out, elettronica, Luigi Barono e trust lab più o meno nel 2000/2001. Jahsira, gruppo reggae importante con cui ho fatto tantissime cose, viaggi, tournè. Poi c’è un gruppo.. i Miqrà, che mi stressano, iniziano a chiamarmi, scrivermi su Facebook… Scherzo, adesso sto registrando un disco con loro con Giovanni, Mario, Valeria e Corrado. Carmelo Amenta con cui ho fatto un disco e stiamo ricollaborando. Simone Liuto, con lui siamo due animali, In Two the Wild”
Ho notato che la musica etnica, chiamiamola così, si sposa con tutto, non è solamente Reggae. E’ la cosa più versatile del mondo.
G. “E’ giusto, tutto viene da qui, dalle percussioni, in qualsiasi genere musicale.”
Sei studente ed anche maestro, parlaci del tuo progetto.
G. “Si, ho un laboratorio che fa parte di un programma accademico che faccio. E’ un po’ la musica d’insieme di un programma scolastico. Il laboratorio è quello, ho l’allievo individuale che viene ad applicare la musica insieme ad altri. Gli strumenti a percussione infatti sono fatti d’incastri. Il laboratorio si chiama “La vos del tambor” ma in origine si chiamava “Laboratorio tamburo parlante”, sempre attivo tutto l’anno”.
Sei stato in posti in cui c’è uno stretto rapporto tra musica e religione, come vedi il rapporto tra musica spiritualità, religione?
G. “No, sono stato in Argentina, ma Cuba è la patria di ciò che hai detto tu. Praticamente il discorso è questo, gli strumenti liturgici che sono quelli spirituali sono ancora poco conosciuti per me, si tratta di rituali suonati con i tamburi, c’è lo studio della cultura, della religione, delle divinità, ogni ritmo è legato ad una divinità. Gli strumenti liturgici che sono i tamburi Batà, prima di conoscere Giovanni Imparato, il mio insegnante, vedevo i tamburi Batà come punto di arrivo didattico. La musica si divide in musica folklorica, musica popolare, musica liturgica. Facendo questi tre step ti manca solamente la liturgia, appena studi quei tamburi Batà sei un musicista completo e lì la musica comincia a far parte davvero del tuo stile di vita. Quindi la vivi completamente perchè suonare ti fa stare bene. La musica tribale per concludere, ti smuove all’interno! Prima la senti alla pancia e poi la senti al cervello”.
Graziano Latina abbiamo fatto questo articolo per fare un minimo di cultura, per far capire che c’è altro dietro la musica anche a Siracusa, anche dietro al solito Jambey. Tu come vedi la tua città? C’è già un nuovo Graziano, qualcuno che si muova in questa direzione?
G. “Il mio punto di vista è che io ho sempre viaggiato e studiato per portare le cose nella mia città ed infatti sono qua, sarei potuto andarmene tantissime volte però quando ho avuto la possibilità di spostarmi è stato sempre per tornare ed arricchire il posto dove sto. In questo momento faccio delle cose e sono contento di quello che faccio. Io continuo a studiare e dico cose vere riguardo agli strumenti di cui ho fatto esperienza. Come me c’è tantissima altra gente che sta facendo questo, quindi ho delle buone prospettive e spero che sia così, anziché spostarti a sessanta chilometri dove c’è Catania e tutto cambia, iniziamo ad avere pure noi determinate cose”.
Speriamo di vedere al più presto questo cambiamento, adesso ascoltiamo Graziano Latina.
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