Her Skin
Abbiamo ascoltato il nuovo EP di Her Skin “Head Above The Deep” e questa è stata l’impressione del nostro William Voi. Buona lettura.
– All I know is you can feel the better human you can be – (Heartbeats)
Il lavoro che mi accingo a recensire non è un vero e proprio disco, un full-lenght, come scriverebbero quelli bravi, bensì più una sorta di EP, sia per il numero di brani che per la durata degli stessi. Ma questi sono soltanto particolari, anche se necessari e indispensabili al fine di capire meglio ciò di cui stiamo parlando (o scrivendo, se preferite). Detto ciò, chi si cela dietro il moniker HER SKIN ?
A quanto pare si tratta di una certa Sara, 20 anni, modenese, cantautrice, scrittrice, sognatrice.
Il mio approccio al suo lavoro, devo essere sincero, non è dei più euforici, ma solo a causa di una mia atavica idiosincrasia nei confronti di uno strumento a me ignoto, ovvero l’ukulele.
Ma dopo aver messo da parte le opinioni personali riguardo certi strumenti, schiaccio play e ascolto, senza preconcetti né pregiudizi, almeno spero.
La prima particolarità che noto nella musica di Sara è una certa predisposizione per la melodia, quella diretta e schietta che piace tanto a me, quella che mi ricorda i primi lavori di Marissa Nadler, Alela Diane o una Maggie Rogers ma senza banjo.
Quelle di Sara, più che vere e proprie canzoni nel senso stretto del termine, sono delle ninna-nanne notturne e autunnali da cantare davanti al fuoco acceso di un camino in una baita in montagna, magari sull’Etna.
Si percepisce, lungo tutto il percorso di
Head Above the Deep, una profonda intimità, un senso di urgenza narrativa che traspare da ogni singola nota cantata o suonata e, nonostante una vocalità acerba, ma comunque efficace, l’ascolto dell’EP scorre piacevolmente e senza eccessivi alti e bassi, anzi, direi che l’intero lavoro potrebbe essere considerato una sola, intera traccia lunga 15 minuti.
Arpeggi scarni ed essenziali, minimali e intimisti, melodie semplici, dirette (ma mai banali) … direi che è tutto ciò che può servire per un disco che suona fresco, moderno, attuale e rassicurante, nonostante il pessimismo e la tristezza che ne traspare.
In conclusione, attendiamo Sara al varco con un disco completo, magari un po’ più lungo e articolato, perché chiaramente 15 minuti sono un po’ pochi per poter giudicare una cantautrice e il suo lavoro, ma sono certo che Vashti Bunyan sarebbe fiera di Sara aka Her Skin e del suo Head Above the Deep.
– Get me out of here in time before you try to make me disappear again – (Softest Skin)