Abbiamo avuto il piacere di conoscere Simone Liuto, un artista completo dalla personalità dolce e sensibile con la capacità di saper emozionare con qualsiasi argomento e genere musicale lui affronti!
Siamo con Simone Liuto, un giovane biondo con gli occhi azzurri, un angelo tatuato! Ci hai regalato ben dieci birre che useremo tutte per metterti a tuo agio! Cominciamo subito, parlaci della tua storia, delle tue esperienze e dei tuoi gruppi! Hai tutto il tempo che vuoi!
Quando ero ragazzino facevo atletica leggera, un giorno arrivò un ragazzo nuovo nel gruppo e diventammo subito amici. Avevamo una passione in comune per la musica e quando seppi che lui suonava la chitarra elettrica chiesi subito se mi potesse insegnare, avevo quindici anni, lui prendeva lezioni ed era contento di insegnarmi. Andai da mio padre e chiesi di comprarmi una chitarra. Con il mio amico Pablo andai a comprare la chitarra, la scelse lui, andai a casa sua a studiare le prime cose, lui poi purtroppo partì ed io continuai da solo. Mettevo i dischi di mio padre dei Creedence e ci suonavo dietro, continuai così per un po’. Successivamente con i miei amici ci siamo inventati degli strumenti e cominciammo a suonare nella villetta di Massimo Serratore a Tivoli, facendo delle cover, il primo gruppo si chiamava Alin and the Alience, aprimmo dei concerti per i Tv Mars, poi partimmo per il servizio militare ed il gruppo non continuò. Al ritorno dal servizio militare io avevo scritto un pezzo inedito, ed Alberto Mirabella ascoltò questa mia incisione e mi chiese di fare subito una band con Carlo Salemi al basso, Davide Truffo all’altra chitarra e così sono nati i Son of Sam, perché io ero il più grande ed il mio nome d’arte è Sam. Abbiamo inciso due demo ed il nostro genere era il pop rock. Davide andò a studiare grafica a Roma ed andò lì, quindi anche questo gruppo non andò avanti, non si può rimpiazzare un elemento con un altro perché cambia tutto, quindi da lì poi smisi di suonare. Lavoravo nella zona industriale e furono cinque anni bui senza musica, ma non era il mio ambiente, non era la mia vita e tornai in sala prove qui e chiesi di poter lavorare in dei service dove conobbi voi Melissa che mi avete emozionato con i vostri pezzi! In sala prove conobbi Graziano e da lì in due formammo gli “In two the wild” prendendo spunto dal libro, dove il motto è condividere la felicità per renderla reale; quindi suonammo canzoni che hanno cambiato la nostra esistenza, suonando insieme nella maniera più semplice possibile. Quando Graziano era impegnato, suonavo da solo in giro e registrai il mio primo EP inedito per farmi sentire il più possibile da tutti coloro che mi chiedevano informazioni sulla mia musica, grazie anche all’incoraggiamento di Salvatore Ferrara, e di mia moglie Irene, che ha concluso l’opera facendo la copertina a mano cucendola in stoffa!
C’è una domanda che ti volevo fare, guardandoti vedo dei disegni sulle tue braccia, per restare in tema di arte volevo sapere se alcuni tuoi tatuaggi riguardino la musica ed alcuni tuoi gruppi.
Questo cavatappi rappresenta il simbolo dei Son of Sam, quando suonammo il nostro primo live Davide disse: “Stappiamo una bottiglia per festeggiare!”. Lui che è grafico decise di fare la locandina con questi quattro cavatappi, che poi diventò il logo della band. Per il resto sono tutte cose molto personali.
Sei un cantautore, inutile negarlo, però c’è una parentesi nella tua vita abbastanza metallara, parlacene un po’.
Sì! Proprio oggi mi hanno consegnato il master del Demo dei Monolith. Il primo Maggio di tre anni fa, è stato organizzato al villaggio turistico La Torre una rassegna di musica rock/metal. Io suonavo con un mio vecchio gruppo e quando finì la nostra performance venne da me un ragazzo che congratulandosi, mi chiese di cantare nel suo gruppo, Stoner. M’invitò in sala prove ad ascoltare i loro brani inediti ed io abbastanza intimorito ma lusingato andai. In sala prove accadde qualcosa di magico, all’inizio non ho capito nulla, c’era un suono potentissimo, note che nemmeno capivo, però c’era un’energia tale ed una sintonia così bella che sembravano tutti una sola cosa appassionata e forte. Dissi che io volevo far parte di questa cosa, registrai le basi ed ascoltandole buttai fuori delle parole, sono entrate dentro di me estrapolando delle storie mie vissute che si sono concretizzate davanti ai miei occhi. Ad esempio pensai ai tempi della scuola, quando con il mio compagno di banco sognavamo di fare i nostri viaggi in moto per le strade americane, scrivevamo poesie sull’amore pur essendo semi analfabeti. In poche parole, la musica dei Monolith ha permesso alle mie storie di uscire fuori, parole d’amore, parole d’odio. . . la figura del cantautore può esistere e coesistere benissimo con la figura del metallaro! Quando i testi uscirono, in sala tutti furono felici ed entusiasti, avevamo undici pezzi! L’anno scorso al primo Maggio ci esibimmo con i nostri sei, sette pezzi inediti, e quello fu il concerto più bello con i Monolith. Ho capito come tutti noi appassionati di musica siamo uniti, ci vogliamo bene e ci supportiamo e non è semplice, è molto bello! Ho visto sorrisi e tanta felicità, è stato il nostro primo concerto e quando sono sceso tutti mi abbracciavano, adulti, giovani. . . davvero molto bello. Non mi aspettavo tutto ciò, perché il gruppo non è stato studiato a tavolino o per piacere, o per accontentare tutti; era un gruppo senza compromessi, sapevamo che non poteva piacere a molte persone ed invece siccome era fatto con cuore e passione sentivo energia positiva. Purtroppo uno dei membri è partito proprio quando io mi sentivo identificato in questo progetto, si sentiva che l’unione con gli altri musicisti creava qualcosa di forte e profondo. Abbiamo registrato solo un EP di quattro brani e questa prima copia è per te!
Grazie davvero! Passiamo alla prossima domanda, momenti più belli e più brutti della tua carriera?
Tutto è esperienza, tutte le cose ti fanno crescere, soprattutto quelle negative. Non ho rancore per nulla, le persone che ho odiato ed ho amato fanno tutte parte di me e non cancello niente.
Vuoi citarci qualche episodio?
Quello che ho nel cuore è il primo Maggio con i Monolith, ma anche tutti quelli con Graziano, quando in due non ci si ferma mai di suonare. Comunque, sono le persone che mi fanno stare bene, i sorrisi, o quando ti chiedono di suonare al loro matrimonio che è il giorno più importante della propria vita. Esperienze carine quando ad esempio Salvatore Ferrara, mi chiese di suonare nel suo locale, ovvero al Taglia Corto. E’ un nostro vecchio amico. . . lui è un parrucchiere e siamo stati a suonare nel suo salone, mentre lui tagliava i capelli ed è stato bellissimo! Così bello che addirittura, si suonò pure un’altra volta e con i soldi in anticipo! Clienti contenti che ci hanno pure invitato a suonare in qualche festa privata. Da lì ci hanno invitato a suonare nei posti più strani, tipo la Compagnia della Bellezza, in piccoli posti, inaugurazione di uno studio di tatuaggi, inaugurazione del birrificio di Banio, alla Casina degli Spiriti, che non fa suonare quasi mai. I posti che non organizzavano concerti di musica live ci aprivano le loro porte.
Tornando alle sfaccettature di vari generi, c’è un genere che nel tuo percorso ti ha colpito particolarmente? So che tu ti sei approcciato pure alla musica elettronica in un breve periodo.
Nel periodo in cui cercavo qualcuno per condividere la musica, un amico tatuatore mi ha presentato un musicista molto bravo con la musica elettronica, sono andato nel suo garage ed ho conosciuto pure te Silvio! C’era pure Alessandro Aglianò con un giro di chitarra, ed in quel giro ho cantato facendo un pezzo sopra. Era un bel progetto, solo che poi non ci siamo più visti per impegni di lavoro. Tornando ai generi, uno dei concerti che più ho apprezzato è stato quello dei Blonde Redhead a Catania con Sonica nel 2000, è arrivato questo trio bellissimo con una sceneggiatura naturale mozzafiato! Lava dell’Etna, luna piena. . . tutto perfetto! Un altro concerto bellissimo è stato a Ravenna, Paolo Conte a Ravenna. Aveva dei musicisti bravissimi e ad un certo punto anche lui, emozionatissimo, ha ringraziato il pubblico con le mani al petto ed in faccia. C’erano anziani, giovani, vecchi, ricchi, poveri, una grande famiglia. Poi ci sono i Soundgarden, Red Hot Chili Peppers, Pearl Jam. Per PJ Harvey , sono partito pure da solo a Milano ed ho visto i suoi occhi, dal vivo è tutta un’altra cosa! Ho pagato pure il doppio del prezzo del biglietto per poter entrare, i suoi occhi lucenti mi hanno ripagato di tutto! Lì ho pure trovato Dario dei Suzanne’Silver, che coincidenze vero?
Torniamo alla tua carriera solista ed al tuo singolo “Broken Bottle” parlaci del tuo videoclip.
A volte non ho voglia di dire niente, di fare niente, quando vedo una persona che rovista nel cassetto della spazzatura, non può essere, mi rattrista troppo, mi fa male! E mi sento ridicolo! Volevo fare questo video per raccogliere ricordi e metterli tutti insieme, tutto ciò che mi rappresentava. Allora, quella persona che ho conosciuto durante l’inaugurazione del Civico Maltato veniva spesso a sentire la mia musica ed in particolare una mia canzone. Scrivo in Inglese perché è tutto meno intimo e preferisco questa strada. E “Broken Bottle” era una delle preferite di Elia. Volevo farlo alle Latomie dei Cappuccini perché la prima volta che lo vidi restai meravigliato come un bambino, così profondo, una luce unica, un’atmosfera surreale, un fascino decadente ed ho deciso di farlo lì. Guarda caso ho conosciuto proprio da Taglia Corto un ragazzo appassionato di fotografia e di cinema, Francesco Catania e proprio lui mi ha proposto di fare questo video. Lo portai in questo posto ed anche lui rimase meravigliato come me. Trovai una pianta caduta che misi al suo posto, e lui ebbe l’intuizione di girare tutto il video con me protagonista che mi prendo cura del posto come se fosse la mia anima. Abbiamo fantasticato su ciò che si poteva fare. Chiamai Elisa e quando le proposi del video era abbastanza imbarazzata, le spiegai la semplicità del video e la mia idea. Dopo aver accettato, pagammo il biglietto scendendo con la videocamera, Irene con l’attrezzatura ed Elisa. Alla chiusura delle Latomie siamo usciti ed abbiamo montato il tutto. Elisa era una sorta di ninfa moderna e noi ci sentiamo, ci osserviamo senza mai incontrarci ed alla fine ci riconosciamo, il video non segue le parole della canzone in sé, ma rappresenta il significato.
Progetti per il futuro? Cosa intendi fare?
Sì, adesso lavoro al Tamì in Ortigia e sto molto bene così e mi piace. Continuerò a suonare e in maniera più rilassata, concentrata e convinta.
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Singolo “Broken Bottle” estratto dal primo EP da solista di Simone Liuto
Esibizione acustica di “Lips hands”
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